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Nello scorso editoriale ho espresso il mio punto di vista sulla proliferazione di teorie che, in questo ultimo periodo, stanno interpretando in chiave ufologica e aliena la natura del Dio della Bibbia. Si tratta di spinte culturali che, come ho avuto modo di scrivere, sono figlie di una visione esclusivamente tecnologica, tipica della nostra civiltà “esteriorizzante”. Poco dopo la pubblicazione di quell’editoriale ho ricevuto una notizia che ben si sarebbe adattata a quel discorso, ma che riprendo in questa sede, in quanto allarga ulteriormente il campo di questa visione tecnologica di Dio e la rende, a mio parere, ancora più aberrante. Stando a quanto affermano le grandi menti scientifiche dell’astrofisica, la vita extraterrestre più avanzata di quella umana, da un milione a un miliardo di anni, è una forma di vita che si sarebbe evoluta in una potente intelligenza artificiale, una macchina supercosciente. Dato che l’universo dovrebbe essere brulicante di vita superevoluta, Stephen Hawking si è chiesto il perché la Via Lattea non brulichi di macchine intelligenti. A parte il fatto che questo potrebbe già accadere a nostra insaputa, gli astrofisici si sono anche chiesti «cosa succederebbe se la vita super-intelligente non fosse più basata sulla materia come la conosciamo, se questa vita fosse ad un livello più alto di esistenza?». Il noto astrofisico Paul Davies dell'Arizona State University ha affermato che solo cinquecento anni fa il concetto stesso di computer sarebbe stato incomprensibile. Dunque, potrebbe esistere un livello ancora più alto, ancora al di fuori dell’esperienza umana, che organizza le informazioni e che sottintenderebbe a tutto ciò che conosciamo, e questo è esattamente quello che teorizzavano i mistici di ogni epoca così come la fisica quantistica attuale. Davies immagina però che questo livello superiore sia l’espressione di una tecnologia aliena che non è fatta di materia, non ha una dimensione fissa o una forma, non ha limiti ben definiti o una topologia, è dinamica su tutte le scale di spazio e tempo, non fa nulla di tutto ciò che possiamo discernere, non consiste di elementi separati, bensì sarebbe un sistema unico, un livello superiore e più sottile delle cose. Questa tecnologia aliena, afferma Davies, sarebbe “più naturale", una tecnologia che sfrutterebbe le leggi della fisica. Proprio come una stranezza quantistica è rilevabile solo da particolari apparecchiature, la tecnologia aliena potrebbe passare inosservata e in modo insospettabile esistere in un regno oltre le attuali capacità umane. Un regno di esistenza evolutosi per milioni di anni oltre l’Homo sapiens. Insomma, quel regno di pura energia e Coscienza che noi associamo al divino e che tutte le scuole di conoscenza, da quando è nato l’Uomo, affermano essere presente in noi, oggi, secondo le migliori menti del pianeta, potrebbe non essere altro che “tecnologia aliena superevoluta allo stato quantico”. E così abbiamo esportato la nostra mente tecnologica ed “esteriorizzante” a quanto c’è di più interiore. È vero che Dio è sia trascendente che immanente, dunque al di fuori di questo sistema e sua base fondante allo stesso tempo, ma ridurlo a tecnologia aliena avanzata vuol dire non voler accettare che l’esistenza di quel regno superiore di coscienza, che la fisica quantistica sta studiando, sia in realtà l’espressione di un Creatore, e non di una civiltà che, per quanto avanzata, è pur sempre un elemento “creato”. Permettetemi di dirlo, credo davvero, parafrasando un celebre saggio del politologo americano Francis Fukuyama, che siamo giunti alla fine della storia. Prima di lasciarvi, non perdetevi il mese prossimo, con FENIX 45, il libro del noto geologo Robert Schoch, La Civiltà Perduta e le Catastrofi dal Sole, che abbiamo acquisito in esclusiva per l’Italia.